Dopo un viaggio estenuante e qualche giorno di sbornia per riprendersi dalla stanchezza e dal cambio di fuso orario, adesso siamo in grado di chiudere questo blog.
Il viaggio è finito, adesso si tratta di ritornare alla normalità, che ovviamente non può più essere quella di prima, ci saranno un nuovo equilibrio e nuove abitudini.
Samuel adesso vive dei momenti di estasi quando si rende conto di tutte le attenzioni che riceve da chiunque incontri, ma anche qualche momento di smarrimento, il clima, la differenza di luce, i tempi dei pasti e del dormire sono tutte cose che ancora lo disorientano un po’ e lui si preoccupa di farcelo capire bene con gesti di stizza e pianti disperati (i quali però durano il tempo di un allarme peruviano e finita la sequenza di suoni si interrompe bruscamente, come se niente fosse!).
In tutto questo “ributolio” abbiamo deciso la data del battesimo: 11 gennaio 2015, festa del battesimo di Gesù (esageriamo!).
L’ultimo pensiero lo vogliamo dedicare a tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno pensato: “vorrei adottare, ma….”. Vorremmo consigliare loro di gettare via senza indugio qualunque “ma” gli sia venuto in mente, il percorso a volte è difficile, sicuramente è lungo, ma tutto quello che è passato si dimentica in un attimo guardando gli occhi del bambino che diventa tuo figlio; mi sembra quasi un paradosso ma la Parola che mi viene in mente, pensando ai giorni trascorsi ad Arequipa e poi a Lima, è quella di san Paolo che dice che la donna dimentica tutti i dolori del parto dopo che il figlio è nato, vi possiamo garantire che è così!!! (E vale anche per i dolori del padre). Quanto tempo tempo abbiamo aspettato?! Praticamente niente! Quanto abbiamo sofferto in questo percorso?! Per nulla! Ci sono stati problemi?! Nessuno!
Questo è il messaggio che vorremmo passare, sperando di contagiare altre coppie. Di convincere qualcuno a dare spazio ad un figlio che venga da lontano. Noi possiamo offrire qualche suggerimento, una buona dose di esperienza, numeri di telefono, indirizzi, orari di apertura degli uffici, preghiera di accompagnamento, sostegno nei momenti di bisogno, amicizia… e figli con cui giocare!
Per chi ha voglia di rivivere il nostro primo viaggio, qui può trovare il blog di MaPi.
Sotto invece, tutto quello che ci è accaduto nel secondo, per Samuèl, dall’inizio, alla fine.
Buona lettura e, visto che oggi è il 24 dicembre 2014, buon Natale di Gesù.
Oggi abbiamo avuto il passaporto vistato di Samuèl Fiani Debolini, con il permesso di ingresso permanente in Italia, siamo andati subito in AirEuropa e abbiamo cambiato il volo; domani mattina alle 11:15 voliamo via da Lima per atterrare a Roma giovedì mattina alle 9:30.
In questo momento mi sento profondamente stordita, non mi aspettavo di riuscire a partire prima di quello che avevamo fissato, sto girando per casa cercando di incastrare tutto nelle valigie, con Maria Pilar felice che facciamo un giorno di pausa dai compiti, Samuèl che sente il nervosismo del momento e si agita un po’, Filippo che fa le ultime commissioni prima di partire.
Mi sembra di non essere riuscita a fare un sacco di cose, non ho avuto tempo di fare una passeggiata all’olivares, non sono riuscita ad andare da Wong in ovalo Gutierrez a salutare il pianista, non ho fatto un numero sufficiente di colazioni da Starbucks con quei litri di caffè e i dolcetti superindustriali, non sono riuscita a mangiare da KFC (per la gioia di mio marito!), sono stata troppo presa dai compiti che in quanto a tempo me ne hanno risucchiato davvero tanto e tutto il rimanente l’ho occupato a spupazzarmi il pargolo che aveva tutto il diritto di giocare con babbo, mamma e sorella senza tanti altri impegni nel mezzo.
In realtà, ovviamente, se ci penso bene, siamo stati benissimo; ci siamo potuti concedere diversi momenti di svago “turistico” e il tempo ai giardini e giochi vari è stato fondamentale per i neo-fratelli, per conoscersi e “misurarsi” a vicenda.
Adesso non ci resta che salutare questa città e il suo oceano, il suo clima così strano con questo cielo sempre coperto e la garua che passa sopra i grattacieli, l’umidità che bagna i vestiti anche se sono dentro l’armadio, il rumore assordante delle strade, le bancarelle alle quali ci siamo tanto affezionati e i taxi con i quali abbiamo fatto esperienze mitiche.
Il pensiero va a quando potremo tornare, con i figli grandi, per raccontare loro della Terra dove sono nati e della quale portano dentro dei segni indelebili … e a quando, finalmente, mio marito potrà andare a Machu Picchu senza che sua moglie gli rovini i piani!!!
Adesso un po’ di ringraziamenti: a Filippo, Maria Pilar, Jo, Chiara, Silvia e Maria Alejandra, babbi e mamme, nonna, amici, GRAZIE!
Visto che pare che presto avrete a che fare con il protagonista di questa bella storia, cerchiamo di presentarvelo un po’ meglio, eccovi qualche dettaglio sul soggetto che abbiamo la grazia di chiamare nostro figlio.
– prima di tutto il ragazzo è un pochino sotto la sua altezza forma, diciamo che mancano circa 5/6cm all’altezza ideale per l’età, in compenso il peso c’è tutto, ma questo avete avuto modo di apprezzarlo con le foto del mare (altri dicono semplicemente che è di gambe corte);
-usa ancora il pannolone per problemi legati all’arrivo improvviso di mamma e babbo (certa gente non ha neanche la buona educazione di fare una telefonata prima!), in realtà lo aveva smesso, ma questa serie di novità lo hanno scombussolato un po’, in realtà stiamo recuperando, oggi per esempio ha chiesto di andare in bagno per la cacca ed è rimasto molto soddisfatto di quanto ha lasciato nel water;
– non ama che gli si dica di NO, normalmente reagisce urlando, e visto che ha capito che ci irrita quando urla, adesso lo fa mettendoci il suo massimo impegno, specialmente se questo interrompe uno dei suoi giochi preferiti;
– ama la musica, cantare e ballare, lo fa appena sente un motivetto, anche se è seduto nel passeggino o sdraiato sul letto, muove la testa, tiene il tempo con il piede, gli piacciono tantissimo le filastrocche e tutto quello che assomigli ad una cantilena, quindi vai con le canzoncine dello zecchino, le bans dei campeggi e tutto quello che vi venga in mente, in questo momento nella hit parade ci sono: la galina turuleca, la vaca lechera, cavallino arrì arrò e staccia buratta, senza di quelli non si va a letto;
– di tutti i giochi dei giardintetti preferisce l’altalena (meglio se azzurra), non scenderebbe mai, riesce a creare la fila dei bambini dopo di lui;
– il suo colore preferito è l’azzurro, vuole tutto azzurro: la maglina, i pantaloni, la macchinina, la cannuccia;
– molto spesso fa lo sbruffone, ma poi ha paura di un sacco di cose, specialmente degli animali, l’unico con cui aveva fato amicizia era Mister, il cane di Arequipa, dell’acqua poi non ne parliamo nemmeno;
– gli piace mangiare riso, carne, pasta, dolci, frutta, formaggio, uova, latte … insomma, per adesso una cosa alla quale abbia detto no grazie, non l’abbiamo trovata, è innamorato della chicha morada, quindi organizzatevi;
– il ragazzo non è particolarmente atletico, se trova da sedersi non aspetta neanche un momento, se lo si fa camminare più di 10 passi comincia subito a lamentare dolori agli arti, ginocchia e piedi sono subito affetti da chissà quale strana patologia invalidante, nona caso abbiamo comprato un passeggino;
– ha ancora difficoltà a capire ciò che è suo, ciò che è di un altro, ciò che è di tutti, per esempio questo concetto che la mamma è mia ma è anche di MaPi è un po’ difficile da digerire, ma anche il fatto che le scarpe siano “sue” in certi momenti gli sembra strano, e allora comincia a ripetere le stesse cose ad oltranza, questo è mio, questo è tuo, questo è di Maria Pilar, questo è di babbo… fino allo sfinimento;
-non vuole mai andare a dormire, né il pomeriggio, né la sera, quando si rende conto che è l’ora di avvicinarsi al letto va nel panico, comincia a piangere, e chiede di non andare a letto, allora ci vuole un po’ di pazienza, una dose doppia di carezze, qualche parolina dolce e si mette tranquillo, di lì e dormire passano sì e no 2 nanosecondi!
– è fondamentalmente un giocherellone, come ce lo ha presentato la prima volta la psicologa, ti riempie di faccine, espressioni buffe, versacci, tutto per attirare la tua attenzione e strapparti un sorriso, anche quando magari lo vorresti brontolare e non ti riesce perché ti scappa da ridere… insomma, è una vera faccia di bronzo!
Il ragazzo è sveglio, ma l’italiano ancora non lo sa, per questo cerchiamo di fargli ridire parole e frasi. Siccome però è una macchietta, quando fa il disinvolto pur non avendo capito un’acca, mi ha fatto tornare in mente una scena di una nota serie televisiva …
Affrontando un viaggio di questo tipo le paure che si incontrano sono tante: dalla banale apprensione riguardo a documenti e borselli, ho perso il conto di quante volte ho controllato di avere i passaporti in borsa specialmente i primi giorni, a cose ben più serie, tipo la paura di un rifiuto da parte di Samuèl o di altri problemi affinché l’adozione andasse a buon fine.
Ma le paure che abbiamo provato, a stiamo provando noi in qualche momento, passano subito in secondo piano quando ti rendi conto che tuo figlio (o tua figlia) stanno provando paura, lo leggi nei loro occhi, leggermente aperti più del normale, fissi verso qualcosa che non capisci, mentre cercano la tua mano per essere rassicurati.
Le paure di Maria Pilar sono semplici da interpretare, sono ovviamente legate al fatto che non è più sempre al centro dell’attenzione, ha bisogno di essere confermata nel suo ruolo e potendo parlare con lei tutto diventa più semplice da capire e spiegare; anche se non sempre la reazione è immediata.
Con Samuèl tutto si complica, talvolta manifesta sentimenti di timore in momenti del tutto illogici (per noi), ma che per lui sono legati a precedenti abitudini o situazioni passate che noi non siamo in grado di interpretare e allora lo devi soltanto coccolare sperando che passi o tentare di distrarlo con un gioco in modo che si rassereni. Queste situazioni sono tutto sommato rare, ma quando sopraggiunge la stanchezza o la malinconia nei confronti di qualcosa della sua vita passata che lo rendeva felice, tipo i momenti di balli e canti con i suoi amici, allora ha bisogno di un abbraccio forte e di un po’ finta lotta, d’altronde sempre masculo è! Quando vuole fare la lotta e ti guarda fisso negli occhi mentre ti fa una serie di boccacce sembra proprio ti voglia dire: ma dov’eri te fino a ora?!
Comunque, la paura più grande di tutto questo mese, sicuramente l’abbiamo provata stasera io e Filippo, quando dopo un nanosecondo di distrazione ci siamo resi conto che Samuèl era sceso dal passeggino e stava cominciando a piroettare (nel vero senso della parola) verso la strada (trafficatissima dei soliti combis, taxi e quant’altro nell’ora di punta) e ci si è gelato il sangue mentre chiamava la nostra attenzione per farci vedere quanto era bravo!!! Meno male che è affetto da manie di protagonismo il ballerino… così che ci siamo potuti tuffare su di lui e riacciuffarlo prima che venisse portato in cima a via Arequipa dal primo taxi di passaggio, anche se bisogna ammettere che prima che lui fosse in reale pericolo, un agente di sicurezza (uno di quelli presenti ad ogni angolo, negozio, ingresso, palazzo) lo aveva già raggiunto e riacciuffato.
Ovviamente il titolo è fuorviante, non siamo a metà viaggio in senso temporale, in realtà si dovrebbe essere oltre. Tralasciando i dettagli e le ipotesi, a Natale mancano poco più di due settimane ed il nostro biglietto di ritorno è previsto, come ormai tutti saprete, per il 25 dicembre.
Il problema è che la crisi c’è, esiste. E mentre vi parlo si sta consumando. E’ da quando siamo partiti che lentamente, goccia a goccia, unge le ruote dell’inevitabile destino.
Dovevamo proprio accorgercene l’8 dicembre? Per il nostro tredicesimo anniversario di matrimonio? Che vi devo dire, ci sono vasi che non si notano fino a che non traboccano e in questo caso, purtroppo, sarebbe meglio che traboccasse, piuttosto che languire e fare scendere di livello, ogni giorno di più, la qualità della nostra vita.
So che adesso vi ho messi un po’ in allerta, anche se in Italia, soprattutto in Toscana, la crisi di cui sto parlando ha picchiato più duro che qui. Non state troppo in pensiero, abbiamo solo bisogno di tornare il prima possibile. Siamo un po’ … agli sgoccioli.
Come dite? Volete sapere se c’è qualche problema con l’adozione?
No tranquilli, su quel fronte tutto bene, stiamo anticipando pure un po’ i tempi, martedì faremo il passaporto e poi spero di poter andare subito all’ambasciata a chiedere il visto di ingresso in Italia.
Volete sapere se ci sono problemi con MaPi?
Ma certo che no! E’ una sorella premurosa e affettuosa, ci sentiamo davvero orgogliosi di lei e di come sta affrontando la sua parte di “avventura”.
Io e Laura? Litigi?
Assolutamente no. Ci dividiamo il più possibile i compiti di casa. Certo io sono sempre il solito caprone per cui a volte non mi accorgo di certe cose o situazioni perciò devo essere richiamato all’ordine … ma non è questo il problema …
E allora? Che cosa succede di così grave perché si debba essere sull’orlo di una crisi che si risolverà solo tornando a casa?
Nonni, zii, amici … ci mancate, ma non così tanto quanto LUI … e quando sarà finito … la Barilla da sola non basterà a farci sentire a casa!!!
Dopo la bella gita al canyon del Colca, che ci ha permesso di distrarci un po’ e vedere una parte affascinante del Perù abbiamo passato due giornate molto concitate.
Ieri eravamo ancora ad Arequipa, avevamo l’appuntamento all’ufficio di stato civile della municipalità di Alto Selva Alegre per fare il nuovo atto di nascita di Samuèl, ma per arrivare a mettere quella firma e relativa impronta digitale (tanto serve per riconoscere un figlio) la nostra referente ha dovuto fare diversi viaggi per la città e questo mi ha dato il tempo di sfruttare al massimo “lavadora” e “secadora” della nostra casa e stipare i bagagli per il viaggio.
Il momento del suo nuovo atto di nascita Samuèl se l’è dormito alla grande visto che era l’ora della siesta, così me lo sono cullato per tutto il tempo che siamo rimasti nell’ufficio, con gli occhi di tutte le impiegate puntati addosso, la psicologa visibilmente commossa, Maria sempre più appiccicosa nei miei confronti, Filippo con lo sguardo perso e Alejandra che gestiva tutte le scartoffie.
Questo momento di emozione è durato tutto sommato pochi istanti, perché poi di nuovo in taxi, un altro ufficio, altre firme, poi di corsa a casa, stipare le valigie ancora di più, partire per l’aeroporto (con due taxi!!!), e via… si torna a Lima…
Primo viaggio in aereo di Samuèl, ad un primo momento di grossa agitazione quano siamo saliti in aereo, è seguito la fase di sonno profondo. Ha dormito quasi tutto il tempo, bravo bambino, fai le prove per il transoceanico che è meglio!
Adesso siamo a Lima, siamo a metà del nostro viaggio? Lo spero proprio, anzi vorrei che fosse anche di più, intanto oggi non abbiamo potuto fare quello che pensavamo perché la persona che doveva firmare il nostro documento non era in ufficio, ci andremo lunedì.
Quindi per adesso cerchiamo di acclimatarci di nuovo all’umido di questa città, Arequipa già mi manca, stamani questo cielo grigio-biancastro, il sole che è arrivato solo a metà pomeriggio, il rumore assordante della strada che arriva fino al sesto piano del nostro appartamento, niente all’orizzonte … no, direi che niente mi aiuta ad avere voglia di restare qui … non ci resta che accelerare il più possibile le pratiche!!! (Forza Alejandra!!!)
P.S.: Siamo pure senza ADSL (l’unica cosa che riesce a raggiungerci anche in questo momento di “silenzio radio” sono i compiti di Maria Pilar, grrrr), dice che il tecnico sta arrivando, però ha l’orologio peruviano, quindi speriamo che arrivi prima di domani!
P.P.S.: In compenso, nell’appartamento dove siamo (immenso) abbiamo ritrovato un vecchio amico che ci è tanto, tanto mancato … curiosi di sapere chi è?
Arequipa, in lingua quechua ha più di un significato : mi fermo qui, al di là della vetta, città guerriera … ma oggi è meglio conosciuta come La Ciudad Blanca. Questo nome deriva dal tipo di materiale storicamente usato dai conquistadores per edificare tutte le strutture più importanti e di conseguenza, tutto l’attuale centro storico della città.
Ma aldilà di wikipedia, Arequipa, ci lascia come ricordo la sensazione di luce accompagnata dalla polvere che invade e pervade, come la luce, ogni cosa.
In questa stagione, antecedente di quasi un mese al trimestre piovoso, il cielo è raramente velato. Il più delle volte l’azzurro del cielo è così intenso da scambiarlo per un cielo nuvoloso. Non fosse per il sole tropicale che ti mette l’ombra della testa sotto i piedi.
La luce è intensissima e quando si rifrange nelle pietre bianche, pietre vulcaniche sottratte ad un sonnacchioso El Misti, diventa abbagliante.
Il vento teso, sempre, da qualunque direzione spiri, porta invece con se la polvere dei deserti che circondano la città. Che siano venti provenienti dall’oceano o da uno dei tre vulcani che la sovrastano, Arequipa si sveglia, lavora, mangia e dorme sotto una coltre di polvere.
La polvere entra ovunque, nelle cucine, nel naso, negli occhi, negli armadi. La polvere è una costante della notra vita, la tocchi, la respiri, la mastichi … questa luce polverosa, o polvere luminosa, ci è entrata dentro, nell’anima.
E’ incredibile come l’adottare un bambino di un posto lontano e così diverso dai nostri luoghi (intesi come modi di vivere), in qualche modo faccia sì che tu ti ritrovi adottato dai luoghi stessi.
Certo, dire che adesso siamo diventato arequpegni magari suona esagerato (non saremmo mai in grado di guidare come loro), eppure sentiamo che ci mancherà la polvere su ogni cosa come ci mancherà la luce insistente dalle finestre già alle cinque del mattino.
Sapere che domani potrebbe essere il nostro ultimo risveglio qui, ci ha messo un po’ di tristezza addosso. Avremmo avuto da fare altre decine di cose … ma per quante ne avessimo fatte sono sicuro che ce ne saremmo inventate altre.
Sentiamo che lasciamo in qualche modo una delle nostre case, una parte di noi si è integrata nello stesso modo in cui Samuèl è diventato parte di noi.
Comunque adesso inizia la fase di rientro del viaggio, partire è un po’ morire, ma è, soprattutto, ritornare.
Grazie alla nostra amica Annie Sparkes, una gentile signora di Bristol che fa la volontaria alla casa Luz de Alba; grazie a Betty la psicologa del ministero e grazie alla direzione della casa stessa, siamo riusciti a racimolare decine di foto e video di Samuèl, fatte dagli operatori che nel tempo hanno avuto a che fare con lui.
Erano tante e molto emozionanti da vedere, per questo ce le siamo coccolate un po’ noi, prima di rendervi partecipi. Il primo video mostra un baby Samuèl nel periodo tra uno e due anni.
Questo invece mostra un Samuèl già più grandicello, fino all’incontro con noi 🙂
La nostra puzzolina MaPi sente la mancanza della sorellona Jo, dei nonni, degli zii e dei cuginetti, per questo ha scritto che la nostra famiglia fa festa ma la fa “DENTRO”. Abbiamo capito che il suo dentro significa distante, separatamente. ♥♥♥
Venerdì 21 a Montevarchi sarà presente Mario Adinolfi e nonostante la nostra felicità ed il nostro meraviglioso viaggio, io e Laura non neghiamo una punta di dispiacere dovuta al non poter partecipare.
Voglio la mamma e i libri di Costanza Miriano sono le nuove parabole evangeliche che i cattolici dovrebbero leggere e che i parroci dovrebbero diffondere sia dal pulpito che durante le catechesi degli adulti.
Sono testi che i catechisti (come la nostra Maria Elena Boschi) e chi porta La Pira alla tesi di laurea (come il nostro Matteo Renzi), dovrebbero conoscere a menadito, se davvero vogliono lasciare il mondo un po’ meglio di come lo hanno trovato, visto che loro hanno anche degli strumenti piuttosto potenti.
Perché ne parlo qui? Perché sono un polemico di natura, perché sono un cattolico e perché sono profondamente contro ad ogni teoria che possa approssimare la famiglia alle unioni omosessuali. Soprattutto quando si parla di bambini.
Non ho detto che sono contro tali unioni, dico e ribadisco che esse NON SONO luoghi naturali di crescita per i bambini e come tali possono godere di qualunque diritto legato alla relazione tra le due persone, ma non devono essere chiamati famiglia. Poco mi importa di essere antipatico o politicamente scorretto, se poi passasse il DDL scalfarotto questo testo sarebbe anche fuori legge, figuriamoci.
Ultimamente si parla di stepchild adoption, il primo passo “all’italiana” per arrivare al vero obiettivo delle forze LGBT : l’adozione di bambini come le coppie eterosessuali.
Dico “all’italiana” perché il buonismo che contraddistingue la massa italica tende a lasciar passare le peggio nefandezze purché leggermente imbellettate.
Il tipico pensiero di fronte alla coppia omossessuale che vorrebbe tanto, ma tanto, poter tenere con se il figlio naturale di uno dei due membri, nato da una precedente unione eterosessuale è questo : – “Uh poverini, ma se gli vogliono bene … povero bimbo, dove lo facciamo finire? In un orfanotrofio?”.
Sono un viscido e insensibile cattolico e quindi mi domando : – “Ma … o quanti omosessuali ci sono, che ora vivono con una persona del loro stesso sesso, che però hanno avuto figli in un rapporto eterosessuale?” – e ovviamente mi rispondono le statistiche : A partire dal jet set, quello delle star come Elton Jhon e Gianna Nannini, fino alle coppie con più modeste capacità economiche, la moda del momento è procreare tramite l’utero in affitto e la donazione di sperma.
Allora non stiamo parlando di sanare una situazione involontariamente venutasi a creare perché “Oddio! Non sapevo di essere gay!”, bensì di dare una scappatoia, di inserire un cuneo per poi avere un “tanto ormai lo fanno tutti” come scusa per legiferare in favore delle adozioni alle coppie omosessuali.
E qui l’italiano medio mi verrebbe incontro puntando il dito : – “tu vuoi lasciare i bambini abbandonati negli orfanotrofi!!!” – ed è qui che mi gioco tutto il mio sacrosanto diritto di dire la mia : Proprio perché NESSUNO mi può venire a dire che io lascio i bambini in orfanotrofio allora posso dire che le coppie gay e lesbiche NON SERVONO a togliere nessun bimbo da nessuna parte.
E’ tutta fuffa, polvere sollevata per confondere l’opinione pubblica e nascondere il vero motivo e cioè che loro voglionoavere figli.
Fidatevi di me, e se non vi fidate, andate a passare un po’ di tempo presso qualche tribunale dei minori o negli orfanotrofi, vedrete che il problema non sta nella mancanza di coppie che sono disposte a dare una famiglia ad bambino, ma nel sistema giudiziario italiano, che relega i nostri figli in difficoltà in un limbo che non è né una famiglia vera, né la possibilità di averne una.
La colpa è dei giudici che non hanno il coraggio di dare una speranza e un futuro a questi bambini dichiarando il loro stato di abbandono e li relegano in case famiglia in attesa che un genitore decida di volerli con se.
La colpa è di chi preferisce sovvenzionare il bambinificiomoderno, chiamato fecondazione eterologa (un sistema per generare orfani subito adottati) all’istituto dell’adozione, dove le coppie si accontentano di avere un figlio uno un po’ meno su misura.
Non capite perché la fecondazione eterologa è un bambinificio di orfani?
Perché il patrimonio genetico che gli appartiene proviene da almeno una persona che non conosceranno mai e che, pur sottoforma di gamete, li ha abbandonati (… ah no, poi da grandi avranno il diritto di sapere di chi sono naturalmente figli … e quindi giù ancora a cercare di rimediare, a colpi di leggi, a tutto quello che era fino a poco prima vietato).
Per questo mi rivolgo a te, Matteo, e a te, Maria Elena. Volete mettere le mani sulle leggi per le adozioni in Italia? Bene, fatelo, ma fatelo con attenzione, fatelo tenendo sempre davanti a voi il destinatario delle leggi che state maneggiando : il bambino.
Muovetevi come se per le mani aveste un bimbo. Con delicatezza e dolcezza, pensando al suo bene; e il suo bene non sono i vostri voti o il gradimento del PD o il pienone alla Leopolda. Il suo bene si dipana in un progetto strutturale che probabilmente è poco orecchiabile alle masse e che magari passa da qualche strigliata ai tribunali dei minori (come quello di Firenze, dove ancora si ha una gestione cartacea dei faldoni, zero informatizzazione e addette di segreteria che fanno il buono ed il cattivo tempo sulle coppie. Parlo per esperienza personale e dati alla mano).
Dovete dare vita a un progetto che passa per una definizione unica e inviolabile di famiglia che ristabilisca la naturalità delle cose. Tutti abbiamo un babbo e una mamma, tutti ne abbiamo diritto, tutti i bambini ne hanno diritto.
La modifica alle leggi sull’adozione deve mettere al centro i figli e non le madri e i padri. Deve tenere conto che nel dubbio, è meglio che un bimbo finisca in adozione, piuttosto che aspettare in casa famiglia per anni una madre e un padre (quando c’è) che non hanno la possibilità di approfittare del miracolo della Vita.
Deve dare coraggio ai giudici per fare il bene del bambino, non servire logiche assistenzialiste per il mantenimento delle case famiglia. Soprattutto non devono continuare a credere che una famiglia naturale sia sempre la migliore soluzione, mentre oggi sembra che manchi il coraggio (che vedo invece in altri paesi come il Perù) di prendere decisioni impopolari.
Infine, anche se meno importante perché, nonostante tutto, in Italia, si avvicinano all’adozione migliaia di coppie ogni anno, ci sarebbe quella piccola questione dell’adozione internazionale e dei suoi costi.
Abbiamo bisogno di aiuto, Matteo, Abbiamo, bisogno, di, aiuto.
Chi ha adottato all’estero dopo il 2011 non ha ricevuto più nessuna sovvenzione (oltre la deduzione delle spese sostenute) eppure i soldi per la fecondazione eterologa a Careggi li avete trovati.
Voglio che qualcuno mi spieghi perché io, per non lasciare abbandonato un bimbo già nato, che non ha i miei tratti genetici, devo spendere decine di migliaia di euro, mentre mi resta quasi gratis (a carico del contribuente) andare a generane uno di sana pianta.
Qualcuno mi spieghi questa differenza.
Forse siamo solo il prodotto di noi stessi, in questo caso, sono veramente contento che i miei figli non siano un nostro prodotto.
Bisogna avere la forza di credere che la Verità è Verità, anche se impopolare. Grazie Mario, grazie Costanza.
Dopo le forti emozioni delle visite e uscite dall’orfanotrofio, dopo la festa travolgente da più punti di vista, finalmente Samuel è arrivato a casa nostra.
I primi giorni di vita familiare sono stati assolutamente normali e assolutamente straordinari allo stesso tempo: piccole gelosie di Maria Pilar, smarrimenti di Samuel che un po’ sta faticando ad abituarsi ai nuovi ritmi di vita, i compiti di Maria che sono sempre un capitolo poco spassoso della giornata, noi genitori che cerchiamo di dividerci tra questi sermannoli (n.d.r. vandali) che gareggiano per attirare la nostra attenzione… ho detto qualcosa di inaspettato? Non credo proprio!
Quindi le nostre giornate fino ad ora sono state un tranquillo tran-tran durante le quali abbiamo cercato di inserire qualche uscita turistica, rimbalzando il più delle volte su cancelli chiusi! (chiuso il parco giochi, chiuso il museo archeologico)
Una sorpresa ci è stata fatta dai volontari dell’orfanotrofio che ci hanno regalato foto di Samuel quando era più piccolo, adesso finalmente possiamo condividere con tutti voi un po’ di queste immagini:
Domani e dopodomani ci aspettano le visite della psicologa, i lavori, per adesso, procedono secondo il calendario che ci avevano indicato.
Adesso i miei eutrofici figli mi richiamano all’ordine… hanno FAME! Mangiano da soli, ma ancora non cucinano da soli… che dire… tutti il loro babbo!!!
Giovedì mattina ci siamo alzati e con il primo sguardo, io e Laura, ci siamo intesi subito : sarebbe stata una dura giornata, l’ultima senza Samuél, a causa dell’impegno pomeridiano che ci era stato programmato dall’ufficio adozioni.
Abbiamo passato la mattina insieme a nostro figlio, come nei giorni precedenti, e nel pomeriggio siamo andati a fare degli acquisti speciali :
Tutto questo ben di Dio era necessario per fare una festa … in orfanotrofio.
Quando me lo dissero, già martedì mattina, io rimasi così scioccato da dimenticarmi di comunicarlo subito a Laura. Glielo dissi mercoledì sera e il suo sguardo attonito mi confermò quello che era stato il mio primo pensiero – “Ma stiamo scherzando? Ma vogliamo davvero andare a sbattere in faccia ai bimbi che restano lì, il fatto che Samuèl ha trovato una famiglia?” – mi risuonavano in testa le nenie crudeli dell’infanzia – “Beeene, io ho un babbo e una mamma … e te noooo!”.
Ma non era una cosa che potevamo scegliere. Ci si formava un nodo in gola al pensiero di entrare in quelle stanze a sbandierare una gioia che sentivamo diventare una cosa di cui vergognarsi di fronte a loro.
Non voglio essere esoso, vi voglio solo raccontare i nostri sentimenti e come essi, più tardi, si sono rivelati sostanzialmente sbagliati.
Sono molte le differenza tra questo hogar e quello dove siamo stati a conoscere Maria. La prima differenza sta nel fatto che questo è privato, gestito da un’associazione internazionale di volontari, mentre quello di Maria era statale. Questa differenza fa sì che la raccolta dei fondi sia difficoltosa e totalmente in mano agli operatori, mentre quello statale era ovviamente totalmente finanziato.
Per lo stesso motivo la gestione interna segue protocolli completamente diversi : nel caso di Maria, noi passammo quattro giorni all’interno della struttura, tornando a casa solo per dormire, mentre nel caso di Samuèl, già dal primo giorno siamo usciti con lui portandolo dove volevamo. Sempre sotto un certo controllo delle autorità, è chiaro, ma liberi di portarlo anche a casa nostra, a patto che la sera lo riportassimo all’hogar .
In questo hogar, quando un bambino trova una famiglia, si fa festa. Poco importa che a noi ci si materializzi in mente l’immagine delle cerimonie di consegna che avvengono in Vietnam, tra madri biologiche e madri adottive (non ci credete? leggete qui un link a caso).
Loro festeggiano, festeggiano la speranza che c’è sempre e per tutti. Festeggiano la tenacia e la voglia di essere felici. Festeggiano l’essere vivi e in quanto tali, capaci e desiderosi di essere allegri.
E allora se il motivo è questo, se deve essere una festa di speranza più che una festa di addio, che festa sia!
Di certo c’è una cosa : anche stavolta abbiamo toccato con mano la bontà del cuore umano, la disponibilità al servizio gratuito da parte di giovani di tutto il mondo.
Una bontà d’animo non riconducibile a nessun credo o religione particolari, ma semplicemente presente nell’uomo in quanto creatura capace di amare.
I volontari e gli operatori, giovani e meno giovani (peruviani, inglesi, neozelandesi) hanno reso il momento della festa non solo sopportabile, ma addirittura bello, ed è qui che ci siamo resi conto che sbagliavamo a pensar male di questo evento.
Nonostante si possa essere visto, per un attimo, un velo di tristezza sul volto degli ospiti un po’ più grandicelli, è evidente che la struttura è ben gestita e ai bambini gli si vuole davvero davvero bene.
Grazie quindi a questi angeli dell’hogar che hanno accudito anche nostro figlio nei mesi scorsi :
Per un grazie ancora più concreto e sostanziale vi invito a visitare i siti legati all’organizzazione Traveller Not Tourist e a fare loro una donazione qui (tra poco è Natale …)
Inoltre potete seguire su Facebook il gruppo Pachawawas – Children of the Earth e se magari c’è qualche giovane che ha voglia di girare il mondo facendo allo stesso tempo qualcosa di utile … beh magari si potrà trovare un giorno ad accudire un altro “Samuèl”
Infine, se volete dare qualcosa all’hogar dove è stato accudito Samuèl e dove ancora vengono accuditi tutti quei facciotti che avete visto nelle foto, potete fare una donazione sul conto peruviano della ScotiaBank intestato alla :
Stasera è l’ultima sera che passeremo senza Samuel. Quello che è successo oggi ve lo racconteremo in un altro momento; adesso per alleggerire un po’ il clima parliamo di mobilità urbana.
Sì perché da martedì a oggi abbiamo fatto diversi viaggi attraverso questa città, che è vastissima e vista dall’interno di un taxi sovraffollato vi garantisco che lo sembra ancora di più! Il tragitto tipico di questi giorni è stato: da casa nostra con anche la referente dell’ente (totale 4 persone) al centro per prelevare la psicologa (totale 5 persone), da lì alla casita hogar per prendere anche Samuel (totale 6 persone) per poi tornare a casa nostra; non vi dimenticate che il taxi normalmente è guidato da un tassista… quindi siamo stati anche in 7.
Il problema è: che tipo di macchina è il taxi usato? Un pulmino 9 posti? Un monovolume 7 posti? Un’ampia berlina 5 posti? Niente di tutto ciò. Nella migliore delle ipotesi abbiamo trovato una macchina omologata per 5 posti, il più delle volte piccole utilitarie modello vecchia fiat uno.
Tutta questa comodità al’interno dell’abitacolo è sempre coadiuvata da una colona sonora gentilmente offerta dal tassista, tipicamente sudamericana, e dall’impossibilità di aprire i finestrini perché l’utilitaria è all’altezza dei tubi di scappamento dei las combis che sbuffano nuvole nerastre per le salite della città. Non voglio addentrarmi nei dettagli di quante volte abbiamo rischiato la vita tra inversioni a U, sorpassi in salita e ingressi in incroci senza guardare segnali o semafori, altrimenti qualche nonno si potrebbe sentire male… infatti non metto alcuna foto di questo piccolo, insignificante dettaglio!!!