Egli
– Adoro le faccine, non solo mi piacciono, ma godo ogni volta che sui social network appaiono nuovi set di ometti e facciotte rimbalzanti e ammiccanti. Trovo infatti necessario sottolineare, in chat, con quale stato d’animo stiamo “pronunciando” le frasi che arrivano ad un lontano interlocutore del quale non sappiamo praticamente nulla. Non si hanno infatti a disposizione i molti elementi di valutazione presenti in una conversazione telefonica, dalla quale si possono misurare le pause, il tono ed il volume della voce, il respiro. Men che meno abbiamo a disposizione le capacità di analisi comportamentale che si hanno in conversazione vis-a-vis, durante la quale ogni gesto racconta “noi” all’altro.
Ella
– Io invece detesto le emoticons e tutte quelle altre figurette più o meno dondolanti con cui la gente è solita infarcire i propri messaggi via web. Credo molto nel valore espressivo delle parole, nella purezza e nella dignità con cui esse riescono a descrivere fatti e pensieri. Non per niente la letteratura esiste da molto più tempo delle emoticons e molti scrittori, più o meno pregevoli, sono riusciti ad esprimersi esaurientemente senza aggiungere faccine ridicole a corollario dei loro scritti.
Egli
– Il modo di trasporre i pensieri è cambiato nel corso dei secoli, se prendiamo i vecchi tomi pazientemente scritti a mano dagli amanuensi, vi possiamo trovare miniature elaborate, capolettere che sono vere proprie opere d’arte. Esse dovevano essere attinenti al testo, in qualche modo ne davano una rappresentazione grafica del contenuto. Successivamente diffusione della stampa ha reso il libro un oggetto più di consumo, meno prezioso e quindi ne ha gradualmente ridotto il prestigio (del mezzo, non del contenuto) ed era sicuramente impossibile riprodurre tali opere d’arte tramite caratteri mobili, questo non vuol dire che non ci sia stato in passato il tentativo di “colorare” il testo con artifizi grafici.
Ella
– Sicuramente le arti figurative sono molto espressive, ma non certo indispensabili ai fini della comunicazione. Inoltre le emoticons sono tutto fuorché pregiate opere d’arte miniate. Occhi strabuzzati, bocche spalancate. Ma dai! Nessuna faccina è mai adeguata a rappresentare i miei stati d’animo, ben più complessi di uno schizzetto colorato. E poi anche un sorriso dal vivo, è appena un attimo da cogliere al volo, non una figura stampata ab aeternum in allegato ad un messaggio. Il problema è che chi invia un messaggio non vuole fare la fatica di essere chiaro nella sua esposizione e chi lo riceve ancor peggio spesso si limita a guardare le faccine, per dedurre il tono del messaggio.
Egli
– Nessuno parla di indispensabilità, neppure di rendere le emoticons le uniche incaricate di trasmettere un messaggio ben più complesso di una espressione stilizzata. Nessun mezzo artificiale può essere capace di esprimere completamente un’emozione, neppure la scrittura. Neppure tutte le parole del mondo; sapresti descrivere perfettamente l’ansia, l’amore, la paura?. Sul fatto che i mezzi di comunicazione sono di supporto, ma non sostitutivi, alla comunicazione diretta tra due persone siamo d’accordo, ma è ovvio che possiamo solo ringraziare che esistano strumenti raffinati e versatili per migliorarla. Se di questi strumenti ne viene fatto un abuso o un uso distorto non vedo il motivo di maledirli o scartarli a priori.
Ella
– Le emoticons non sono strumenti raffinati e versatili, ma adesivi sciocchi e semplicistici. Potrei capire se uno aggiungesse al messaggio un’immagine esplicativa di una certa complessità, ma la faccina… E poi non si capisce nemmeno cosa vogliono dire: siamo sicuri che invece di chiarire non confondano le idee ancora di più? Se per capire un messaggio, devo tirar fuori pure la tabella di conversione dei simboli, siamo a posto. Il peggio è quando rimangono nel messaggio i simbolini digitati da tastiera, senza che si trasformino in emoticons: a quel punto non lo leggo nemmeno. Inoltre uno dei vantaggi delle chat è proprio la distanza emotiva che si riesce a mantenere con l’interlocutore: il distacco permette maggiore obiettività e precisione nell’esternazione delle proprie opinioni. Non c’è alcun bisogno di facilitare una comunicazione diretta, che non è per niente cercata.
Egli
– Non credo che qualcuno abbia mai usato una tabella di conversione per leggere una chat, neanche tu, ammettilo. La questione è che sei una purista della lingua e sei anche brava a scrivere, tu riesci a trasmettere meglio di altri il tuo pensiero e lo rendi comprensibile. Brava. Ma questo quando vuoi presentare un argomento in un ambito che ti permette di usare mille parole senza che nessuno ti interrompa. Grazie a Dio esistono luoghi diversi di scambio che non sono a senso unico, da te che spieghi ad altri che leggono, ma sono anche posti dove si organizzano cene tra amici, si fanno scherzi, ci si saluta per il gusto di salutarsi nonostante l’impossibilità di farlo di persona. In questi luoghi un – ciao 🙂 – è diverso da – ciao 🙁 – non puoi venirmi a dire che è sciocco, certo che è semplicistico, anche se io direi solo semplice, ma è immediato, è netto, è sicuro che nel primo caso c’è serena chiusura di una conversazione. Nel primo caso ci sono due amici che hanno preso un caffè insieme e si sono avviati ognuno per la loro strada sorridendo, nel secondo, una frase, una risposta negata, un’assenza troppo prolungata sono fonte di un disagio che richiede attenzione all’interlocutore. Infantile? Può anche darsi, di sicuro io non disprezzerei mai quella faccetta triste e ne chiederei spiegazione a chi me l’ha inviata, innescando un processo di scambio che può essere positivo per entrambi. Certo il primo caso poteva essere – ciao. – ed il secondo – ciao, ti saluto con lo stato d’animo di chi non capisce come mai non c’è tempo di prendere un caffè insieme, non sono arrabbiato, capisco, ma sono triste lo stesso – Solo che non tutti sono bravi a scrivere come te e questo 🙁 spesso è un buon surrogato.
Ella
– Credo che il bello di una chat sia proprio quello di poter scrivere ciao e basta, senza intonazioni della voce, bagliori nello sguardo che possano tradire una sconveniente felicità o una inquietante tristezza. Se volessi davvero farti capire quello che provo, ti farei una telefonata, non scriverei certo un messaggino in chat. Nascondersi, mimetizzarsi, camuffarsi per sembrare felici quando si è tristi, sereni quando si è turbati, tranquilli quando si è in subbuglio: questo è l’unico vero primario vantaggio di una chat. Perché mai dovrei eliminare il suo miglior pregio facendo trapelare quello che voglio nascondere con una emoticons a tradimento?
Forse la differenza tra amanti e delatori delle faccine è proprio solo il coraggio di esprimere i propri sentimenti: chi non ce l’ha faccia a faccia, non ce l’ha nemmeno dietro la tastiera dello smartphone.
Quindi facciamo così: io sopporterò i tuoi messaggi infarciti di sorrisini, occhiolini e linguacce e tu accetterai i miei impersonali e asettici telegrammi. Che poi una donna poco espansiva è una rarità da preservare come i panda. 🙂
EGLI. Le emoticons sono un “rafforzativo” delle frasi scritte.. non tutti vogliono celarsi dietro alle chat, ci sono anche persone che sono “semplici” così in chat come nella vita reale 🙂
😉