La Chiesa non permette niente, ma perdona tutto.
Il mondo permette tutto, ma non perdona niente.
Al di là dell’evidente esagerazione insita in queste due frasi, è interessante vedere come entrambe si approssimano alla vita reale. La Chiesa non permette niente: non è decisamente così, certo ci sono i temi di attualità, come il divorzio, l’aborto, il matrimonio omosessuale, che sono terreno di scontro proprio con la Chiesa, ancorata alle tradizioni e ad un credo decisamente poco incline alla secolarizzazione, ma la Chiesa resta sacramento di salvezza, ci indica la strada verso Dio e la piena Comunione con Lui. Ci dice soprattutto cosa fare, non cosa non fare. Quello che invece è assolutamente vero è che perdona tutto. Non solo in virtù del mandato che Gesù dette agli Apostoli, ma anche grazie alla sua componente mariana che la rende madre accogliente che non sa dire no ai figli.
Anche la seconda frase mostra i limiti della sintesi e dell’estetica. Non è assolutamente vero che il mondo permette tutto. Il mondo illude di essere liberi e per questo illude di poter far tutto. Si è veramente liberi quando si può far tutto quello che ci è concesso nel rispetto di ogni vita umana, nel rispetto del bene comune, nella nostra disponibilità verso gli altri, nella tutela dei più deboli. Più realistico è invece il fatto che ogni errore, ma anche ogni libertà che credevamo lecita, il mondo ce la fa pagare cara, non esiste redenzione, non esiste perdono. Questo è ciò che abbiamo, oggi, grazie al razionalismo e ad un postilluminismo che continua a buttare fango su alcuni periodi, come il medioevo, che meriterebbero ben altro tipo di considerazione.
E’ più che chiaro, come ha scritto Fenchurch la settimana scorsa nell’articolo “Da dove veniamo”, che la nostra cultura ha delle origini che stiamo cercando in ogni modo di far fuori come retaggi scomodi, come vestigia ingombranti, volendo più o meno consapevolmente far prendere all’umanità una piega individualista ed egocentrica che escluda dall’orizzonte di ciascuno l’idea di comunità, di bene comune, di storia e cultura condivisa; ed è chiaro pure come questo tentativo si traduca in risultati controproducenti al punto tale da produrre scontri ideologici assurdi, tipo quello sulla mostra fiorentina di immagini religiose, che turbava più le persone preoccupate di “rispettare i musulmani” che i musulmani stessi.
Ma noi non ci fermiamo qui, noi siamo bravissimi a prenderci a martellate sulle gonadi, allo scopo di trovare sollievo le volte che sbagliamo mira. Non è difficile infatti valicare l’erto colle della “tolleranza ad ogni costo” e ritrovarsi nella valle del dissacrante, del blasfemo e del sacrilego.
Abbiamo raggiunto un livello di tolleranza al vilipendio di ciò che abbiamo caro da sembrare che non ce ne freghi più niente; ci facciamo pisciare sui crocefissi; permettiamo atti osceni con arredi sacri nelle discoteche e ai concerti; mettiamo sotto i piedi l’origine della nostra cultura sbeffeggiandola e umiliandola al parossismo, salvo poi averne paura e considerarla persino lesiva della dignità e della sensibilità di persone appartenenti ad altre religioni.
E’ noto a tutti il caso Charlie Hebdo. No! Non per la strage, quella è un’altra cosa che non c’entra niente, intendo dire che Charlie promuove in Francia il diritto alla blasfemia, come dire che non c’è limite all’offesa che uno può arrecare a ciò che qualcun’altro considera caro e financo sacro. Incomprensibile la cattiveria di chi, non considerando assolutamente di nessun valore gli affetti degli altri, li tratta come scarti e li getta al pari di un ladro che vi mette le mani nei cassetti della biancheria intima. Calpestereste mai le vostre mutande prima di piegarle e riporle?
Al Cassero di Bologna si finanziano spettacoli dove si propongono atti osceni con croci e paramenti sacri, fino ad arrivare alla pantomima della celebrazione dell’Eucarestia. Tanto dettagliata da farla nelle due specie, in corpo e sangue. Ora cari amici del Cassero, mi volete spiegare come mai la gentaglia che la pensa come voi, è la stessa che vuole levare i simboli religiosi in nome dell’uguaglianza? Quella marmaglia che vuole la religione ridotta all’intimismo in uno stato laico (ma meglio ateo) e poi rivendica il diritto di manifestare né più e né meno alla stregua di chi non solo ha una religione (satanica ok, ma una religione) per la quale risulta pure esageratamente invasato?Cioè noi non possiamo cantare Messa e voi invece potete farne una nera in tutta libertà? Ma vi siete bevuti il vostro ateo-agnostico-raziocinante cervellino bacato?
E che dire del turpiloquio diffuso e di bassa lega, così scadente da far cadere le braccia quando vi si dedicano anche persone che sembravano avere un minimo di talento. Mi riferisco ad esempio al sig. Ascanio Celestini, pluripremiato drammaturgo italico, che in uno slancio di briosa e originale ispirazione si è inventato un post di facebook dove invita la gente a scrivere bestemmie sobrie e politicamente corrette.
E’ come dire ad un tavolo di maschi teutonici all’oktoberfest di ruttare piano e di mettere la mano davanti alla bocca.
CIALTRONE!
Ma cosa vuoi dimostrare? Di essere simpatico? Fai ridere sì, non per comicità, bensì per i modi ridicoli con i quali chi è disabituato alla bellezza, contravvenendo alla deontologia stessa dell’artista, che voleva in passato essere un nobile mestiere, scade nel triviale e nello scabroso. Più che Ascanio, Oscenio.
Vi riempite tutti la bocca di laicità, rispetto, tolleranza, autodeterminazione dimenticandovi che non siete capaci neanche di decidere di non starnutire, che non siete capaci di non prendere la tosse, di innamorarvi, di prendervi paura. Volete avere il controllo, ma di che? Pazzi.
Si leggono storie di follia trasformate forzosamente in quotidianità dalle solite manovre nichiliste che vogliono snaturare l’uomo facendolo diventare un involucro privo di consistenza e di volontà, per cui ogni desiderio deve essere immediatamente assecondato, pena, il trauma.
E allora via a donne da prima pagina con un passato da medaglia d’oro come uomo alle olimpiadi, largo ai parlamentari con tette e pisello che vogliono andare nel bagno delle donne e non stupiamoci se ci ritroviamo ad osservare un uomo-ornitorinco (mai desinenza fu più azzeccata) perché tanto è solo un altro modo di vivere la propria personalità, esattamente come Paul, che adesso si fa chiamare Stefonknee e non ha più 52 anni, ma solo 6, convinto di essere una bambina intrappolata in un corpo che, dannata natura, non vuole saperne di restare giovane.
Oggi questi invasati non sono più considerati malati da curare, le cui stravaganze andrebbero contenute, bensì esempi da incoraggiare e divulgare come educativi. Una volta si diceva “digli di sì perché è pazzo”, per poi riuscire in qualche modo a portare il soggetto in questione a più miti consigli. Adesso gli si deve concedere tutto perché altrimenti si discriminano, altrimenti si sentono lesi nella loro libertà di vivere la loro alienazione.
Allora sapete che vi dico, anche io sono un folle. Sono un pazzo furioso che è assolutamente convinto di avere per fratello il figlio di Dio. Ho delle visioni ogni domenica durante le quali vedo trasformarsi il vino in sangue e il pane in carne di Cristo. Considero scelleratamente di avere due madri, una anagrafica e una spirituale, con la quale parlo e alla quale recito preghiere di intercessione (mi ha detto in sogno di chiamarsi Maria, ma non lo dite in giro). E per questa mia follia esigo rispetto! Perché non sono da meno di una donna che minge in piedi, o di un ornitorinco che sa leggere e scrivere.
Ho la stessa dignità, lo stesso diritto di autodeterminarmi seguace di Cristo e della Chiesa Cattolica Apostolica Romana e tutti voi mi dovete rispetto, perDio!
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