e che vi spiattello subito senza tante spiegazioni. In teoria potreste non continuare la lettura, poiché immagino che tutti abbiate già capito di chi parlo, ma forse vorrete contestarmi o forse saranno i fatti a farlo, quindi il resto lo scrivo lo stesso.
Inizialmente ho vissuto, e mi sento colpevole di questa mia debolezza, come una pugnalata alle spalle la decisione dei Gard di ritirare la richiesta d’appello. Le parole di Connie mi hanno fatto vibrare di vergogna e rabbia ed è solo grazie a Dio che non sono sbottato prima con qualcosa di urticante sui social. Non riuscivo a comprendere come potevo essere stato tratto in inganno a tal punto da farmi trascinare in una battaglia così intensa, per poi scoprire che nessuno dei due eserciti era il mio.
Ma la scuola di “zitto e nuota, nuota e zitto” fatta in questi anni, durante i quali ho collezionato anche figuracce per la mia irruente parlantina, ha portato frutto e leggendo qua e là, condividendo o meno quello che leggevo, sono riuscito a farmi un’idea più chiara di quella che era evidentemente una tattica.
Ora, ci sono tattiche e tattiche, ci sono tattiche militari, tattiche diplomatiche, tattiche segrete. La scelta dei Gard è caduta sulla tattica del sacrificio totale, una delle più difficili da mettere in atto. A mio avviso, perché ovviamente non ho alcuna prova da darvi di quello che sto per scrivere, loro si sono piegati fino a terra di fronte alla bestia che avevano davanti, tributandogli il fio che ella chiedeva. Gli hanno dato quello che desiderava, la loro “riconversione” al suo concetto di vita e all’idea che per essere vissuta essa ha bisogno di mettere sul piatto della bilancia una certa quantità di qualità.
Hanno ammesso che le cure ipotizzate in extremis sarebbero state insufficienti a garantire a Charles la qualità della vita che il giudice avrebbe voluto per lui. Sì perché non dimentichiamocelo, nel sistema era il giudice Francis quello che voleva che si quantificasse un miglioramento significativo della sua qualità della vita. Aveva già stabilito diversi mesi fa che non sarebbero state sufficienti le cure palliative e le carezze amorevoli dei due genitori, l’interesse di Charles era stare decisamente meglio (quanto?) o morire.
Del semplice diritto all’amor che tutto mòve in questo caso non c’è neanche l’ombra. Il Love is Love si è eclissato totalmente e tutti coloro che hanno brandito il vessillo dei diritti in nome dell’amore non hanno sollevato mai la testa dalle fosse, scavate forse per la vergogna, in cui si devono essere rintanati. E’ chiaro che per Charlie non basta l’amore, ci vuole anche la salute e nemmeno poca. Love is Love & Health.
Ma loro, pronandosi, offrendo in sacrificio la pretesa di essere loro ad avere diritto di scegliere per il piccolo di 11 mesi, hanno cercato di giocarsi il tutto per tutto: hanno ammesso la “bontà” del giudizio della Corte dell’11 aprile scorso e, senza però dimenticare di sottolineare che sei mesi di tribunale hanno sicuramente nuociuto gravemente alle prospettive di reazione alle cure americane, hanno giocato l’ultima carta. Quella dell’ultimo desiderio, che si concede a tutti i condannati a morte.
La storia la conoscete tutti, il giudice Francis se ne è lavato le mani e tra un giovedì e un venerdì (cosa mi ricorda?) Charlie è stato tradotto in un hospice per essere sedato e staccato dalle macchine che lo fanno respirare. Si legge “ammazzato”.
Ma a me piace sperare che se l’ultimo desiderio fosse stato accolto e se i genitori lo avessero potuto portare a casa, essi lo avrebbero protetto dall’orco. Se fossero riusciti a strapparlo dalle grinfie del mostro, sono sicuro che lo avrebbero accompagnato tutto il tempo che sarebbe servito, prima del sopraggiungere della morte naturale. Altre motivazioni per la loro scelta non ne vedo e non ne voglio vedere. Ho bisogno di continuare a pensare che qualcuno questo bambino lo ama davvero come un dono di Dio e ne voglia onorare la vita invece che celebrare la morte.
E mi piace pensare che ci sia chi ancora ha fede nei miracoli, nelle guarigioni inspiegabili, nella “resurrezione” che se anche è dalle malattie sempre resurrezione è.
Un ultmo pensiero per il GOSH. Le loro condoglianze anticipate non sono classificabili nella scala del cattivo gusto. Ospedale di eccellenza o meno, la gestione delle comunicazioni lascia molto a desiderare. E’ stato un gesto che ha tradito un’impazienza necrofila davvero inaccettabile, come se bramassero in segreto la sua morte e una volta avuta la certezza che sarebbe avvenuta, gli fosse scappato un ghigno di soddisfazione. Anche qui, io credo che rida bene chi ride ultimo e noi adesso abbiamo ancora da piangere per diverso tempo.
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