La sindaca di Madrid, Manuela Carmena, esponente del nuovo partito simil-grillino Podemos, continua a mostrare tutto il suo acido anti cattolico nell’amministrazione della cosa pubblica: ha dapprima vietato e poi drasticamente ridimensionato il presepe in comune e delocalizzato il più possibile ogni tradizione natalizia di matrice ovviamente cattolica (il problema è che il Natale resta pur sempre il compleanno di Gesù), creando involontariamente pure un danno economico al commercio cittadino, che da sempre approfitta della folla attirata dalle rappresentazioni natalizie per rinvigorire i propri affari. Non paga di ciò, ha deciso di imporre alla storica sfilata dei Re Magi per le vie della città il rispetto della parità di genere, evidentemente non garantita dalla storia, chiedendo che Gasparre e Melchiorre fossero interpretati da donne, mentre per Baldassare ha accettato un uomo, purché di colore (a garanzia della parità etnica).
Ora questa azione ha suscitato molte polemiche, un po’ di ilarità e qualche eccesso: infatti la situazione è grave e comica insieme, all’inverosimile.
Prima di tutto non si capisce per quale motivo l’amministrazione pubblica debba intervenire nel merito della scelta degli attori per una rappresentazione folkloristica per le vie cittadine, una cosa che non s’è mai vista in nessun contesto. Infatti tutt’al più il comune dovrà vigilare sul contenuto di una rappresentazione, affinché rientri nei termini di legge (ad esempio è ovvio che, essendo l’apologia del fascismo un reato in Italia, un’amministrazione italiana non può autorizzare una manifestazione di nessun tipo che ne faccia il suo oggetto), ma sugli attori, davvero, non si capisce il senso.
Il motivo è ovviamente ideologico nel senso più spregevole del termine: non potendo sopprimere la sfilata dei Re Magi, a causa della sua popolarità e delle ripercussioni sul commercio, e non potendo nemmeno modificare l’oggetto religioso della sfilata stessa, la sindaca si è sentita in dovere di imbellettare di politically correct pure un’innocua sfilata, inventandosi di sana pianta l’idea che il fatto che i Magi fossero maschi è discriminante per le femmine. C’è davvero una gran voglia di revisionismo storico nella testa di molti, una pericolosa rabbia verso il passato e la tradizione che non si possono cambiare e il desiderio di intervenire sul presente in modo da raddrizzare ipotetiche storture con tutti i mezzi leciti ed illeciti. Sinceramente non credo che esista una sola donna sul globo terrestre che si sia sentita mai offesa dal fatto che i Re Magi fossero interpretati da tre uomini.
Ma poi la stupidità della polemica emerge violentemente dal confronto con un banalissimo evento del primo dell’anno: a San Pietro nella celebrazione presieduta dal Papa e mandata pure in tv, i re Magi erano interpretati da tre bambini con la corona dorata in testa, due maschietti e una femminuccia, senza tanti proclami, senza dichiarazioni rilasciate dal portavoce della sala stampa vaticana ai giornalisti, senza che nessuno nemmeno lo notasse.
E’ solo una rappresentazione, attori che vestono i panni di personaggi dai tratti caratteristici tradizionalmente nitidi, non importa assolutamente nulla l’identità di chi recita, nemmeno il suo sesso. Pensare che la parità di genere sia garantita dal fatto che due donne con barba posticcia sfileranno per le vie di Madrid vestite da Re Magi, al posto di due uomini, è una presa per i fondelli senza precedenti, uno schiaffo alle vere battaglie femministe, alle rivendicazioni di diritti reali e utili.
Appare anche abbastanza eccessivo l’acredine con cui alcuni si sono scagliati contro questa ridicola imposizione, gridando al sacrilegio. Ripeto: che una donna vesta i panni di un uomo in una recita è successo tante volte e succederà ancora, come pure il viceversa, senza scandalo per nessuno. Il nocciolo della questione è in realtà l’anticattolicesimo della sindaca, la quale vorrebbe estirpare la religione dalla testa dei suoi cittadini, eliminare ogni traccia dalle tradizioni popolari, coprire di ridicolo e di sconvenienza ogni manifestazione del senso religioso della gente, in nome di un inesistente rispetto per la diversità etnica, religiosa, sessuale. Stiamo assistendo allo stesso fenomeno anche in Italia, in tante occasioni: paradossale fu la cancellazione della gita scolastica ad una mostra di quadri di soggetto religioso, ufficialmente per rispetto ai musulmani, ma in realtà in ossequio all’anticlericalismo di alcune maestre di chiara cultura massonica.
Continuiamo a subire il ribaltamento del senso delle parole: rispetto per dire violenza della censura, parità per scambiare ridicoli contentini con i veri diritti, multiculturalismo al posto di anticattolicesimo, libertà invece di autoritarismo.
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